La collettività di Francavilla e Motta Camastra ricorda e commemora la battaglia che in questo territorio vide contrapposti il Regno di Spagna e l’Impero austriaco durante la guerra della Quadruplice Alleanza, il 20 giugno del 1719, cioè proprio trecento anni addietro. Recenti ricerche svolte dall’Istituto per la Cultura Siciliana, sede di Motta Camastra, hanno dato luce a quel conflitto. (Gaetano Consalvo)
Come ha scritto il prof Francesco Gianino:
“Dalla prora di un castello immaginario, la rocca di Motta Camastra guarda campi e paesi. Il vulcano svetta, i giardini rinfrescano nella calura e gli orti celano rose e gerani.
Nel 1719, il 26 giugno, fu seppellito qui, in questo borgo, un generale austriaco, ferito mortalmente durante l’efferata battaglia che divampò tra Spagnoli e Austriaci. A Francavilla, là dove oggi sorge il cimitero, in quella collinetta, le artiglierie spagnole fermarono il nemico che scendeva dai Monti e l’austriaci dilagò nel sangue tra le acque del fiume Zavianni. Ma quella difesa spagnola non proibì che il nemico aggirasse Francavilla, scendendo a valle dalle contrade che s’alzano sopra Motta Camastra. Allora gli austriaci cominciarono ad essere vincitori, non più della battaglia, ma della guerra di Sicilia. E il generale austriaco, un certo Zum Jungen, perse la vita e trovò pace in una tomba che ancora oggi è possibile visitare all’interno della chiesa Matrice del piccolo borgo alcantarino.
E c’è dunque una lapide con inscrizione funeraria, che ricorda l’esistenza del generale quarantenne, i titoli nobiliari, la sua educazione e i primi passi della carriera militare. “Lector requiem aeternam et precare“. Queste le ultime parole rivolte a chi legge, che possa chiedere il riposo perpetuo a chi è deceduto in guerra. La guerra terminò dunque con una pace che concesse, non in eterno stavolta, la Sicilia all’Austria.
Sono così trascorsi trecento anni, e le pietre parlano ancora. L’intero borgo di Motta Camastra si parla anche di una storia recente. Ma non di principi. La storia di cui è pregno il borgo è quella dei contadini, degli ultimi e dei poveri: le case di pietra, i gradini battuti dal ferro degli zoccoli degli asini, i sentieri per la montagna, le stalle. E oggi tutto questo ha il sapore di un parco archeologico della civiltà contadina. Non rovine di templi greci o colonne doriche, ma archeologia rurale: la tomba di un nobile generale della Carinzia tra l’umile e laboriosa esistenza dei figli della terra.“